Il Percorso

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Postazione 1 e 2

Postazione1 e 2I primi quadri del borgo propongono le immagini viventi dei monaci basiliani dell'ordine di San Vitale. In esse vengono offerti taluni riferimenti visivi della produzione delle maioliche indigene, quale attività tra le più significative del convento di S. Angelo al Monte Raparo.
Abbiamo anche immaginato un probabile processo di integrazione verificatosi tra la presenza religiosa e la popolazione civile, a cui era stata tramandata l'arte della ceramica. Siamo all'incirca nei primi decenni dell'anno Mille.

Approfondimento

La fiera medievale

Nel giorno di San Michele Arcangelo era in uso per i popoli di San Chirico Raparo, Castelsaraceno e San Martino d'Agri, recarsi in devozione presso l'Abbazia di S. Angelo, per pregare nella chiesa a quel Santo intitolata.
L'origine storica del pellegrinaggio è ignota; tuttavia, la si può ascrivere ad epoca successiva di inizio del culto (intorno all'anno Mille).
All'ombra della superba struttura monastica, dominata dall'occhio vigile dei monaci di S. Vitale, il pellegrinaggio si trasformava lentamente in fiera per lo scambio o vendita di mercanzie e prodotti della terra.
Quivi, probabilmente, si consolidò l'uso della produzione di utensileria domestica in maiolica, ad opera dei monaci abitatori del monastero, al punto che quelle produzioni sono oggi ritenute tra le più particolari ed originali, nel quadro generalizzato della maiolica di impronta lucana. Ne sono muti testimoni i reperti risalenti a partire dalla fine del sec.XII fino al XVI.
Quella ambientazione ricostruita vuole essere il parametro per fare della storia non un ambiente protetto quanto, piuttosto, uno spazio, un tempo, entro cui immergersi anche nel presente, per assaporarne le atmosfere recondite appartenenti al profondo della nostra anima, incarnata nelle radici.
Il percorso proposto, al di là di ogni sofisticazione retorica, vuole essere un modo originale per guardare in “alto” partendo dal “basso” – tecnica ascensionale riservata ai genuini cultori dei processi empatici.
Abbiamo, quindi, immaginato una giornata festosa e gioiosa dell'uomo medievale dei nostri posti, impegnato in un pellegrinaggio di fede ma anche di scambio commerciale, a confronto con mercanzie spesso povere, ma indispensabili.
Ci siamo guardati intorno e, dai segni ancora oggi visibili, abbiamo capito che il nostro non era e non poteva essere un ambiente signorile, dove principi e dame castellane godevano del domicilio.
Al contrario, per diverse ragioni, le nostre dovevano essere, quasi sicuramente, contrade povere e assoggettate ai vincoli dei regimi feudali, popolate da contadini, popolani, massaie, pastori, mestieranti di vario genere e, solo raramente, da uomini “superiori” (forse qualche legista – o giureconsulto -, cerusico, speziere), ma di principi e cavalieri nessuna traccia.
In virtù di tale asserto, nella ambientazione proposta abbiamo inserito mercanti, maniscalchi, massaie, bifolchi, bambini, e poi…..animali, oggetti di vario genere; tutti in assetto simbiotico e poietico, direzionati verso la meta comune della ricostruzione storica, intesa come “rivissuto esistenziale ” .

All'ombra del Raparo il rifugio dei basiliani

Le origini dell'abbazia di Sant'Angelo o di San Michele al Raparo coincidono con le origini stesse del paese. Qui si fermò la comunità basiliana che ai folti boschi del monte Raparo chiedeva protezione dalle persecuzioni scatenate nell'impero bizantino.
Di un simile importante edificio, proclamato monumento nazionale nel 1927, rimangono pochi ruderi, sufficienti a dare comunque un'idea su come apparisse la chiesa nella sua integrità.
A pianta rettangolare, presentava un'abside semicircolare decorata con archetti. Un tamburo circolare sorreggeva una cupola a gradinata che terminava con una calotta sferica. L'interno, ad una sola navata con volta a botte, era decorato da numerosi affreschi. A detta degli esperti l'abbazia del monte Raparo, per le dimensioni e le caratteristiche, è un esempio unico in Italia.
Al di sotto dell'abbazia c'è una vasta caverna ricca di grandi stalattiti e stalagmiti, collegata con l'esterno con un'ampia scalinata millenaria. Tutto il fondo è stato pavimentato dai monaci con grandi pietre piatte, su un lato muri ormai cementati dalle concrezioni calcaree completano le cisterne naturali della roccia. Cocci di varie epoche e residui di nerofumo sulla volta completano le testimonianze sull'antichità del luogo; alcuni frammenti sono ormai inglobati nella roccia calcarea.
E' facile immaginare decine di monaci intenti alla preghiera e alle elaborazioni teologiche nel vasto uditorio. La grandezza della grotta sacra corrisponde a quella della basilica esterna, quasi ad indicare un equilibrio tra ciò che è solare e ciò che è profondo, tra i colori del mondo esterno e la preziosa acqua racchiusa nelle tenebre.
A poche centinaia di metri più a valle della chiesa, sgorga una vena d'acqua come d'incanto dalle viscere della terra, e di tal volume e vigoria da muovere, per un dato tempo dell'anno, le macine di due molini.
Questa vena non fluisce perennemente, ma solo nelle stagioni di primavera e d'estate, e nemmeno in tutti gli anni, ma soltanto quando l'inverno ha ammassato sui monti una sufficiente quantità di neve.
Si tratta di un singolare fenomeno di intermittenza, che è stato spiegato con la così detta “teoria dei sifoni”: le acque provenienti dallo scioglimento delle nevi del Raparo si convoglierebbero in rivi ed in laghi sotterranei, che, raggiunto un certo livello, traboccherebbero irruenti all'aperto.
Questo fenomeno, la presenza di una grotta ricca di stalattiti e di stalagmiti e, infine, l'aspetto del terreno irto di rocce calcaree, tutto contribuisce a dare a questo paesaggio lucano un carattere tipicamente carsico.


 Postzione 3

posizione Postazione 3Le antiche attività artigiane costituiscono un altro motivo portante della filosofia che ispira il borgo: offrire al visitatore un'autentica immersione nel tempo passato, offrendogli l'opportunità di scoperta legati alle concrete pratiche quotidiane.
Pertanto, dal recupero di locali caratteristici, è stato possibile ricostruire in modo immaginario lo svolgimento di antiche pratiche artigianali quali quella del “ramaio” e del “falegname”, in simbiosi spaziale con il “vardaio” e la “saponara”


Postazione 4

Postazione 4La postazione costituisce l'ingresso nell'Umanesimo, ove abbiamo voluto collocare in posizione privilegiata la figura del poeta umanista Giovanni Pontano, autore degli esametri bellissimi che trattano il mito di Ripenia e Capripede , che si sarebbe consumato nell'incantevole scenario della fonte Trigella.

Approfondimento

Capripede e Ripenia

Si narra di una grotta, non lontana dall'abitato, dimora di strani esseri che si muovono, con leggiadria e guizzi improvvisi, ove Zenone invoca il Nume ai suoni del lituo, in una danza accennata sulle acque gelide della fonte Trigella.
La spelonca, rifugio e regno di Dite, oscura la visione e lo sgorgare di acque, sino a quando il verno non lascia spazio alla felice stagione primaverile che lascia stillare le acque dell'antro, in uno sfavillio perfetto di argentei segni, oppure tracimare i suoi gelidi rigagnoli sulla sponda secca della fonte. E intorno la montagna sputa fuoco in orribile voragine che appare come la naturale onda del Lete.
Quivi Capripede, fauno innamorato, attende ogni giorno che il sole e i suoi raggi riflessi nell'acqua, filtrati dalle fronde del bosco, disegnino i dolci lineamenti dell'amata Ripenia intenta a rinfrescare la lunga chioma dorata tra le acque della Trigella.
E' un incanto di colori ed etere, il luccichio dei lunghi capelli chiari adagiati dolcemente sulla spalla della divina creatura.
Capripede incalza! Non può sopportare i riflessi degli occhi di Ripenia senza desiderare, seppure per un istante, il dolce sapore del suo alito e avvertirne il calore.
La ninfa è sfuggente. Scappa via, si allontana a dispetto; si nasconde nel bosco, discende la china e si tuffa ancora nelle acque; riappare come dea, sfiora lo sguardo e si inoltra sui sentieri della grotta, provocando le ire del Fauno, che si infuria e saltella con forza ancora maggiore:
dove nascondi il tuo sguardo o Naiade d'incanto?…Credi, forse, di evitare il mio amore col solo gioco, oppure mi intrappoli, bloccando il respiro affannoso, fino a farmi morir soffocato?”
Non posso fermarmi nè indugiare alle sponde del fiume; prima che tu mi prenda per mano devo condurre i miei passi lontano, dove il bosco è più rado e il sole incontra la sempiterna notte dell'antro” – ribatte la giovane Naiade – “là natura volle che io incontrassi l'eterno divenire tra terra, acqua ed aere!…là accarezzo il mio destino e adagio il riposo del mio cuore” .
Capripede, non rassegnato dalle ninfee parole, recalcitra e si agita con occhi arrossati mentre tenta inutilmente di acciuffarne i capelli.
Maledetto sia il giorno del mio afflato d'amore, s'io non sappia intrappolarti, accarezzarti i capelli, stringere le pieghe delle tue vesti leggiadre!” – così dicendo, il fauno si inarca col corpo a lambire le acque gelide della fonte: ma è inutile a cospetto dell'agile movimento della Naiade.
Ormai la dolce creatura sembra aver conquistato lo slancio che ne occulta la visione. Ella s'invola verso l'alta parte della collina e, seguita da fantastica scia di piccoli esseri, conduce la sua presenza all'interno dell'antro.
Quivi discende con leggiadra misura dei passi e respira contemplando il silenzio della grotta.
Conduce i suoi passi verso una piccola conca d'acqua profumata e, immergendovi il corpo sensuale, in essa trova ristoro dall'affannoso rincorrersi della gelida fonte, dove capre e pecore sogliono abbeverarsi dopo il lungo alpeggio.
Intanto, le acque della Trigella si intorbidano e assumono aspetto sinistro, colpite dalla maledizione del fauno che, privato della ninfea conquista, ne maledice la portata invocandone il suo avvelenamento.
Tremate pastori per i greggi che conducete alla fonte! Quest'acqua sia maledetta a causa del mancato amore di Ripenia e sia privata del suo alimento nel verno, così che anche gli uomini possano non ascoltarne il dolce scrosciare” , sentenzia Capripede, ansimante d'amore tra boschi, vallate, anfratti ed acque gelide.
Ancora oggi il viandante silenzioso, se saprà condurre i suoi passi verso l'ignoto del mito, potrà ascoltare le dolci melodie e i versi che emulano quell'incanto, intravedendo le ombre e i contorni della eterna bellezza di Ripenia e il selvaggio lamento d'amore del Fauno.


Postazione 5

Postazione 5La risalita in direzione di via Catacombe presenta una delle situazioni prevalenti delle condizioni sociali a cavallo tra ‘400 e ‘500, in una periodizzazione storica di per sé complessa, dove le stesse delimitazioni cronologiche assumono connotati commisti ad Umanesimo e Rinascimento.
Il carattere sociale del tempo, nei borghi lucani, era caratterizzato da particolari condizioni di miseria che delineavano un assetto della società estremamente debole, tra epidemie ricorrenti e abusi di ogni genere.
Non va sottaciuto in questo frangente epocale il ruolo della Chiesa tra
Riforma e Controriforma e la consequenziale fioritura delle iniziative post-conciliari.
Il preambolo della postazione 5 è, pertanto, introduttivo ad un percorso nel quale abbiamo deciso di inserire in successione le diverse anime simboliche emerse nel Cinquecento sanchirichese: l'espressione artistica e la testimonianza di un impegno religioso fattivo, in favore dei deboli e degli abbandonati.
La strada diventa, pertanto, il luogo-simbolo della identità sociale del tempo: lavoranti, mendicanti, reietti, contornati da un quadro di miseria che conduce in direzione del mutamento rinascimentale.


Postazione 6 e 7

Postazione 6 e 7Il Rinascimento viene espresso attraverso le due proposte simboliche anticipate nel precedente punto: Simone da Firenze, nel suo “atelier”, mentre è intento alla realizzazione del bellissimo polittico custodito nel Duomo; e Fra' Tullio de' Rinaldi, fondatore dell'hospitale di “Santa Maria delle Grazie”, attivo dal 1585 al 1704.
La collocazione del pittore all'interno del borgo è stata chiaramente voluta come parafrasi del delinearsi storico della storia narrata e non come elemento biografico di appartenenza ai luoghi descritti. Costituisce, alla pari del Pontano, elemento di integrazione nel graduale estrinsecarsi delle vicende storiche periodizzate

Posstzione 8

Postazione 8L'osteria “ra Firela” è il luogo dove il viandante può sostare e chiedere indicazioni sulla strada da seguire. Potrà, quindi, dialogare in modo misurato con i popolani del tempo, senza mai dimenticare che quel presente è diverso dal suo presente.


Postazione 9

Postazione 9È una postazione di transito, che traghetta in direzione del Seicento con personaggi sparsi per strada in un paese che vive e pullula di attività e dinamismo. Nel tragitto un'altra bottega artigiana evoca antichi mestieri: il mugnaio -panettiere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Postazione 10 e 11

Postazione10e 11Nel ‘600, la proposta storica viene ad essere completamente dominata da quegli eventi religiosi che avrebbero segnato indelebilmente la vita del paese: le formazioni genetiche della devozione in Santa Sinforosa.
Rispetto a tale riflessione, va evidenziato come i dubbi storici, circa la effettiva iniziale devozione nella Santa, collochino l'arrivo delle reliquie in un periodo che va dal 1572-1587 al 1641.
Noi ci siamo assunti il compito di testimoniare la portata narrativa degli eventi qualificanti l'evoluzione della comunità e abbiamo ritenuto, pertanto, di assumere come data il 1641, non per certezza, quanto piuttosto come accettazione di un inizio effettivo dei bagliori di fede sinferusiana.
È probabile, difatti, che le prime reliquie siano giunte in paese in epoca cinquecentesca e che si siano completate con la preziosa ampolla contente il sangue, nel periodo successivo.
Tale delimitazione ci consente anche di poter asserire che San Chirico fu tra i pochi paesi della Basilicata ad aver beneficiato di un reale processo di “cristianizzazione” tridentina, in considerazione del fatto che in moltissime “zone interne…perdurano culti e devozioni di derivazione pagana o di sincretismo magico-religioso, legati ai grandi cicli stagionali e a i fenomeni naturali”.
Possiamo ritenere, quindi, che da quel momento in poi nel nostro paese sia stata avviata una reale fase di mutamento religioso, in linea con quanto sancito dal Concilio di Trento.
Per quanto detto, le missioni di epoca successiva (ad es. quella Redentorista di S.Alfonso de'Liguori) continuarono ad interessare San Chirico e non altri paesi della Diocesi di Tursi
“Antiqua” propone, quindi, nelle presenti postazioni i due episodi simbolici connessi al culto: l'arrivo della reliquia ad opera dell'arcipirete Gio. Battista Bassano e la sua prima liquefazione nel giorno dell'Ascensione di qualche decennio successivo, testimoni il popolo e i sacerdoti don Donato Aloisio, don Domenico Magaldi, don Gherardo Durante


Postazione 12

Postazione 12Risalendo lungo vico Foscolo il transito nel Seicento sanchirichese viene accompagnato dalle rituali figure popolari: il varilaio; l'antica bottega artigiana del ciabattino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Postazione 13

Postazione 13Il quadro storico che vi proponiamo in questo spaccato temporale non è frutto di documentazioni certe, legate alla tradizione sanchirichese, bensì riveste una situazione comune ad ogni epoca e ad ogni luogo.Senza “ timor di Dio”, personifichiamo la sfumatura più ardita e provocatoria del borgo, affinché tabù e pregiudizi si convertano di fronte alla leggiadria della recitazione.Posta al confine di due epoche segnate da un forte sentimento religioso locale, la scelleratezza della donna si riveste di quel sapore allegorico del male terreno: tra le fatiche giornaliere, l'amarezza del mondo contadino, il collasso politico-sociale e la profonda cristianità, sboccia il simbolo della spensierata perdizione che induce anche gli uomini più devoti a prostrarsi dinanzi all' irresistibile piacere carnale delle “ mercantesse dell' amore “.


Postazione 14

Postazione 14l Settecento del borgo si caratterizza con un'animazione storica di rilievo che rappresenta simbolicamente un periodo, sicuramente più ricco di avvenimenti rispetto al solo proposto: la visita effettuata dal Principe Giovan Battista Pignatelli, che volle onorare la prodigiosa reliquia del sangue di Santa Sinforosa.
Ciò che caratterizza il quadro offerto è, come ovvio, il suo simbolismo, inquadrato in un'aura mistica di sottomissione del potere temporale a quello spirituale e – perché no? – un possibile riferimento alle capacità prodigiose della reliquia che proprio in quegli anni aveva manifestato in mezzo al popolo di San Chirico Raparo la sua prima liquefazione.
Invitiamo, pertanto, i visitatori a considerare tutti i riferimenti proposti come esclusivi elementi narranti la storia del borgo, senza fughe in direzione di assunzioni preconcette e strumentali .

 

 

 



Postazione 15

Postazione 15La figura del legista Nicola Durante viene proposta ad esplicazione e presentazione del suo profilo biografico – professionale. Difatti, pur essendo Egli interessato da indicazione toponomastica, ai più risulta essere sconosciuto.
Ecco, dunque, la proposta simbolica della sua figura di Procuratore Generale di Cassazione ritiratosi in congedo nella quiete del suo paese natio, dopo aver sostenuto requisitorie mirabili in importanti processi, tra i quali quello interessante Giovanni Giolitti nei fatti della Banca Romana, ove svolse il ruolo di pubblico accusatore.

Nota

Nicola Durante “ fu Pubblico Accusatore in notissimi processi, tra i quali quello della Banca Romana, nel quale si voleva travolgere, dal nascente sovversivismo, l'austera figura di Giovanni Giolitti che rimane pur sempre uno dei più insigni uomini di Stato. Fu apprezzata l'austerità, la serenità di lui che, nel pronunziare la mirabile requisitoria dalla stringente dialettica e le salde posizioni giuridiche, assumeva l'atteggiamento di un giurista romano. Rimangono di lui monografie di diritto e le requisitorie pronunziate nei più grandi processi. Quando, per la dura legge del tempo, fu collocato in pensione si ritrasse nel paese natio , S. Chrico Raparo, culla di eletti ingegni ed insigni Magistrati, ed uomini di vasta cultura accademica, tra questi il giovanissimo Magaldi, libero docente in paleologia e archeologia all'Università di Napoli, Giuseppe Paladino, professore di Storia Antica all'Università di Catania e De Sarlo, Professore di filosofia all'Università di Firenze, tra quelli i Presidenti di Corte di Appello Natale e Cortesani…..La sua bella figura si stagliava, maestosa, al suo posto al banco estremo degli emicicli della sala di udienza e la toga dai lacci d'oro gli conferiva il prestigio dell'alta funzione giudiziaria….Anche fisicamente era una figura che imponeva rispetto e nello stesso tempo lanciava dal mite sguardo luminoso raggi di fascini ed attrazione. Era alto e diritto come il fusto di un pino ed aveva una presenza fisica pari a quella morale; insomma, era quello che si dice un bell'uomo, anche per le fattezze e la giocondità del volto. Moralmente era una figura socratica e come Socrate visse gli ultimi anni in silenzio, nel raccoglimento della vita interiore e con la serenità di Socrate si spense ”.


Postazione 16 e 17

Postazione 16 e 17Tra gli avvenimenti di maggiore importanza sociale e storica dell'Ottocento sanchirichese, non potevamo non riservare una particolare attenzione alla figura illustre di Pasquale M. Bentivenga, arciprete di San Chirico Raparo sin dal 1811 e fondatore della Chiesa Madre dei SS.Apostoli Pietro e Paolo, dell'Orfanotrofio, del Conservatorio delle Convittrici di Gesù, della Congregazione dei Missionari di Maria SS. del Buon Consiglio e della Casa di Carità.
Della Sua prolifica opera benefica intendiamo ricordare la genesi della sua casa di orfani, che ebbe la primigenia collocazione nella di lui diretta abitazione, coadiuvato dallo spirito caritatevole materno di Angela Maria Di Serio , sua genitrice.
A quella storia caritatevole, avviata con i primi bambini abbandonati dei vicoli del borgo, abbiamo associato anche la fondazione della Congregazione dei Missionari del Buon Consiglio , unico ordine missionario lucano ufficialmente riconosciuto dalla Santa Sede. D. Giovanni Salerno da Terranova ne fu il principale sostenitore impegnato a divulgare anche in Terra di Calabria il messaggio di carità del Fondatore.
Postazione 18
Postazione 18Con il brigantaggio la storia regionale della Basilicata conosce una caratterizzazione particolarmente controversa: movimento politico o fenomeno meramente delinquenziale?
Il “borgo” non ha il compito di svelare dilemmi, né ritiene di poter accertare verità storiche irrimediabilmente condizionate da diverse posizioni, anche di ordine politico.
Crediamo che le cronache abbiano ampiamente documentato le vicende e l'inedito dei fatti briganteschi che proponiamo nella finestra seguente ci sembra esauriente nella comprensione dell'evento.

Di certo, crediamo che, a prescindere da ogni verità storica, il brigantaggio fu movimento di rabbia e rivolta di “cafoni” e “popolani” desiderosi di un riscatto sociale, identificato in ideale nazionale. Le irrimediabili contaminazioni costituiscono un dato di fatto incontrovertibile che non può comunque mutare la presa d'atto complessiva di un fenomeno storicizzatosi in tutte le sue forme e divergenze.
L'immagine che il borgo offre è quella di alcuni “capi-massa” sanchirchesi con preminente riguardo a Giuseppantonio Cicchelli e compagni facenti capo a quella particolare forma di brigantaggio meridionale legato alla rivolta di contadini contro i “galantuomini”, i borghesi proprietari di terre, intersecatosi con la “rivolta delle plebi cattoliche contro i francesi

Approfondimento
Fatti briganteschi verificatisi in San Chirico Raparo e nel suo territorio
così come narrati da una cronaca del 1812
Da una nota a firma del Sindaco Prospero Viaggiano in data 28 marzo 1812, indirizzata al Sr. Cav.re Colonnello Amato Commendatore dell'Ordine Reale delle Due Sicilie, Comandante dell'Isole della Dritta del Golfo di Napoli, si ricavano le seguenti informazioni riepilogative riguardanti il Capo brigante Giuseppantonio Cicchelli e Comitiva.
La cronaca evidenzia prioritariamente come nel mese di luglio del 1806 “il Prete D. Saverio Cantore Durante ” col pretesto di celebrare la novena di Santa Sinforosa, aiutato da circa quindici cittadini “del basso ceto…si pose alla testa di questi Armati, proclamò la Rivoluzione avverso del Re già presente Giuseppe Napoleone, intimando ad ognuno di gridare ‘Viva Ferdinando' la di cui bandiera conservatasi da lui fin dal 1799, situò sulla cime di una Cappella detta S. Anna, vicino la Piazza ”. Alla insorgenza del Durante fece risposta la reazione di alcuni cittadini fedeli al Re riuscendo ad ammazzare due ribelli, a rimuovere la bandiera ferdinandea e a mettere in fuga i ribelli che, però, rifugiatisi nel vicino comune di Fardella dove riorganizzarono la Massa dei rivoluzionari unitamente a quella di Latronico per ricondursi nuovamente verso San Chirico.
Quivi giunti, con scorribande violente, fecero esercizio di scontri cruenti con i difensori del regime, che riuscirono ad attestarsi sul Castello a difesa dell'abitato.
La banda capeggiata dal Durante rinunciò all'assalto solo dopo aver accettato una lauta “mangia economica” e lo steso, dopo essersi rifugiato a Scalea passò in Sicilia per la dimora presso un fratello.
Un'altra metà della “massa” radunata da Durante restò in campagna con un certo Giuseppantonio Cicchelli, il quale dopo essersi pentito beneficiando dell'amnistia nel dicembre del 1808 si riconvertì nuovamente al brigantaggio unendosi ad una Comitiva di Spinoso e si rifugiò anch'egli in Sicilia, per godere della protezione del Durante.
Frattanto si erano formate nuove bande capeggiate dal famoso Donatiello di Castel Saraceno, di Silvestre Costantino di Roccanova, e quella di Peppino Pecora di Viggiano che consumavano le loro scorribande nelle contrade dette Matina, Montagna, Difesa di Caliuvo e Caccia. Si macchiarono di atroci reati: violenze alle donne, omicidi, saccheggi, incendi e distruzioni di ogni sorta.
Nel marzo del 1810, il Cicchelli fece ritorno dalla Sicilia rifugiandosi in una masseria delle Manche, da cui diramò i “Proclami di Moliterno”, ricongiungendosi poi alle citate bande per fissare il proprio Quartier Generale nelle Matine, nella masseria del cognato Vito Domenico Aloisio, strettamente coadiuvato da altri due paesani: Vincenzo Paladino d'Eustachio e Vincenzo Cervino detto Cozzitella. Quivi riceveva anche continue visite dalla mamma Sinforosa Fumo.
I collaboratori più stretti del capo brigante erano: un tal Giuseppe di Gesenzio Monteleone; Miche Furno alias S. Pietro fratello cugino del Cicchelli; Andrea Castaldi al. Cacavizzulo pastore della Matina; Francesco Paolo Cocchiavale al. Mustazza, vaccaio, e Domenico d'Antonio Furno, anche esso pastore, oltre Sinforosa Cocchiarale al. Pilata.
Il 20 giugno 1806 fu tradito da Pasquale Serio di Domenico il quale però, sfortunatamente, non riuscì a portare a compimento il suo disegno e dopo otto giorni fu barbaramente sgozzato.
La cronaca narra anche che il 10 dicembre 1810 un Tenente di Truppe con trenta uomini giunse a San Chirico per contrastare le azioni della Massa Cicchelli riuscendo a imprigionarne quattro Il 3 febbraio 1812 venne in San Chirico il S.r Tenente Bodinot con circa ottanta uomini inviati dal Capitano Gonnet per sopprimere il brigantaggio in più circondari sotto la direzione del Colonnello Amato, riuscendo però a imprigionare soltanto i collaboratori del Cicchelli.
Il 13 febbraio la banda del Cicchelli fu individuata in una zona impervia ai confini della Matina e, dopo scontri a fuoco nei quali perirono almeno quattro cittadini di San Chirico, la banda riuscì a retrocedere rifugiandosi tra Roccanova e Castronuovo.
La Commissione di Lagonegro condannò a morte Orazio Aloisio e Vito Domenico Aloisio per aver partecipato alle azioni brigantesche del Cicchelli facendoli giustiziare nel marzo dello stesso anno.
Altri carcerati e giustiziati a morte furonoil Sacerdote D. Angelo Danza, Domenico e Giuseppe Cocchiarale .
Il Cicchelli fu finalmente giustiziato la mattina del 14 giugno 1811.


Postazione 19

Postazione 19Quanto viene proposto nella postazione in parola vuole rammentare un momento saliente della storia nazionale: il Risorgimento. Momento storico dalle molteplici sfaccettature noi abbiamo preferito ricordarlo in maniera semplice, richiamando alla mente i personaggi che ebbero filo diretto con la storia della nostra comunità: i Magaldi, i D'Errico e Nicola Sole .
Ci piace rammentare, in particolare, attraverso due quadri distinti, la presenza dei nuclei della “Giovane Italia” e del “Circolo Costituzionale Lucano” (di cui erano segretari Paolo Magaldi e Nicola Sole), che tenevano incontri presso la casa Magaldi posta nell'attuale vico Cavour, e l'eroica scelta patriottica legata alla figura del dodicenne Vito Maria Magaldi che nel 1860 raggiunse le truppe di Garibaldi, dopo aver percorso a piedi circa sessanta miglia.
L'amicizia di Nicola Sole con i Magaldi iniziò probabilmente nel 1835, allorquando il poeta consumò una lunga permanenza a San Chirico, presso lo studio del dottor Tortorelli, “a far pratica di salassi e ventose”. Quivi conobbe, innamorandosene, Carmela Barletta , il primo dei suoi tanti amori.
Rammentiamo anche la figura di Nicola Maria Magaldi , avvocato, segretario del Governo Prodittatoriale Lucano. Fece parte della delegazione lucana ricevuta a Napoli da Vittorio Emanuele II nel novembre 1860.
E' d'obbligo rammentare ancora la riunione in casa Magaldi la sera del 1° gennaio 1849, allorquando Nicola Sole improvvisò il canto patriottico “Sia la morte, sia la vita, purchè avrem la libertà” .
Dopo quella notte molti degli aderenti al Circolo Costituzionale Lucano presero la via della latitanza!
Postazione 20

Postazione 20Antonio Maria De Sarlo nacque a San Chirico Raparo da Luigi e Stella Durante. Ordinato sacerdote nel 1900, esercitò la sua azione pastorale nel paese di nascita, dapprima come Coadiutore del parroco D. Luigi Barletta e, successivamente, divenendone successore nel 1902, mirando sempre a svolgere un'intensa “opera di evangelizzazione in ogni campo: nelle associazioni cattoliche, nella scuola, nelle cooperative per lavoratori, nelle famiglie…nella pastorale quotidiana.Nel 1902 fonda il Circolo Cattolico “FEDE E FORTEZZA” . Non si tratta di una associazione indirizzata al semplice divertimento, bensì di un “luogo di incontro per dialogare, dibattere problemi sia religiosi che sociali, per avviare i giovani a una sana convivenza democratica all'insegna dei grandi principi cristiani”. Al Circolo collaborarono anche “illustri professionisti del posto, quali l'avv. Vittorino d'Alessandro, il Comm. Barletta, l'avv. Michele Magaldi, il dott. Giovanni Mobilio, D. Francesco Lauria e tanti altri”.Fu così che, dalla sua azione e al suo interno, sorsero la “Filodrammatica” , il “Concerto musicale” e una cooperativa di consumi per lavoratori meno abbienti “Viribus Unitis” .La scuola serale per adulti era costituita principalmente da “braccianti, agricoltori e artigiani impossibilitati a frequentare, per ragioni di lavoro, le scuole diurne”.“L'incontro col De Sarlo andava al di là d'una arida alfabetizzazione consistente nel saper far di conto, leggere o scrivere…In quella scuola maturava gradualmente la coscienza civile, la consapevolezza del valore della persona, del rispetto reciproco…Frequentavano la scuola serale anche adulti sposati con prole…Specie nelle sere invernali la scuola era molto frequentata: l'aula messa a disposizione non era troppo grande, alle volte si sentivano odorini poco piacevoli..”In ordine tematico, in prossimità del De Sarlo, abbiamo posizionato anche l'immagine del questuante frà Lazzaro, figura delle più umili e caritatevole dello scenario socio-religioso del Novecento sanchirichese.Della sua scarna biografia si conoscono pochi fatti tramandati dalla sola tradizione orale: la sua modesta estrazione contadina; la conversione in età giovanile; la Maddalena che gli appare in sogno e l'edificazione della omonima Cappella in un'area impervia della contrada Garambe, posta su di un costone roccioso ai piedi estremi di un canale sottostante la zona Ricella. Provvide personalmente al reperimento dei fondi occorrenti, sottoponendosi egli stesso al trasporto quotidiano di enormi massi a spalla o con l'asino.Ancora oggi, sono in molti a ricordarlo anche come Giovanni “Filalana” (il suo nome di nascita era Giovanni Danza).


Postazione 21

Postazione 21Il 19 dicembre 1916 fecero ingresso nell'Orfanotrofio “Bentivenga” le Clarisse Francescane del SS. Sacramento, per espressa volontà della fondatrice Madre Serafina Farolfi.
La piccola schiera di suore, guidata da Madre Eugenia Consiglio, prese possesso della istituzione benefica, puntando immediatamente a garantire non solo la massima assistenza alle orfane quanto anche la loro cura educativa.
Sorse quasi immediatamente un laboratorio di attività femminili, quali il ricamo e il cucito, che sarebbe divenuto, nel corso degli anni, un'importante scuola sostenuta da un'altra importante e mai dimenticata consorella – Suor Giovannina Leone.
Alle Clarisse Francescane i sanchirichesi hanno riservato sempre una speciale predilezione. Nella prosecuzione di tale sentimento, il borgo della nostra tradizione ha inteso riservare uno spaccato specifico a memoria di quell'incontro significativo e fruttuoso.

Postazione 22
Postazione 22La postazione in parola rappresenta il primo spaccato della piazza virtuale del Novecento, ove abbiamo collocato tutti i principali personaggi che hanno caratterizzato e tipicizzato la vita del borgo.
Nel primo spaccato l'incontro si compie con l'Alto Magistrato Domenico Cortesani, con il medico Domenico De Nile e con l'archeologo Emilio Magaldi.
Il primo fu Primo Presidente della Corte di Cassazione, dopo aver ricoperto numerosissimi incarichi nella Magistratura in diverse sedi del Paese – da Napoli a Lecce; da Bologna a Perugia e Roma .
Tra i moltissimi incarichi ricoperti per conto del Governo vanno rammentate le delicate fasi legate alle revisioni giuridiche nel passaggio di regime repubblicano, a riprova della fiducia che il Governo stesso riponeva nella sua spiccata figura.
Faceva rientro a San Chirico annualmente per trascorrervi i periodi feriali e contribuì all'epoca alla “soluzione di importanti problemi per la comunità locale, tra cui il ripristino della pretura mandamentale; durante la permanenza in paese era largo di consigli e di appoggio ai cittadini”
Il secondo si distinse per la particolare azione al servizio della popolazione in epoca in cui il Servizio Sanitario Nazionale non esisteva. La sua figura resta ancora oggi particolarmente amata, soprattutto da quanti beneficiarono delle cure amorevoli da Egli prestate, nell'interpretazione autentica della professione medica quale “missione tra i bisognosi”.
Ci piace ricordarlo con la borsa in mano mentre percorre i vicoli popolosi del borgo, pronto a bussare alla porta di chi aspettava una parola di conforto, ancor prima del rimedio medico.
Fu anche a capo della comunità sanchirichese, ricoprendo la carica podestarile dal 1926 al 1929.
Il terzo si distinse per la sua attività di studio e ricerca accademica, dedicandosi brillantemente a lunghi anni di attività di “pompeianista”. Fondò nel 1934, tra le altre cose, la “Rivista di Studi Pompeiani”, e ricoprì il ruolo di assistente ordinario alla cattedra di Archeologia e Antichità pompeiane superando, successivamente, il concorso per l'abilitazione alla Libera Docenza di Antichità Pompeiane ed ercolanensi.
Il borgo lo ricorda nella sua attività di ricerca negli scavi archeologici.

Posyazione 23
Postazione 23La piazza virtuale del Novecento sanchirichese guarda in direzione dell'intero paese, allargando il proprio orizzonte verso il Raparo e la Valle del Racanello, simbolicamente irta a dominio di tutti gli spazi circostanti.
L'abbiamo immaginata, a chiusura del percorso storico proposto, come metafora del “pensiero forte” che contribuisce a fare della storia non un riferimento nostalgico ma una concreta propulsione per la produzione di nuove idealità e stimoli di crescita.
Ci hanno aiutato in questo gli uomini-simbolo della cultura novecentesca. Cosicché, ci siamo imbattuti con il “filosofo” Francesco De Sarlo e lo “storico” Giuseppe Paladino, intenti a discutere delle più elevate forme del pensiero, esplicato nella sua genesi storica.
Su un angolo alto della piazza, Vito Castronuovo declama a viva voce il suo inno alla patria amata, ringraziandola dell'aria che in essa è possibile respirare.
E, mentre il silenzio della notte si appresta a calare sull'intero borgo, gli amanti Giuseppe Natale e Matilde Serao con occhi lucidi e innamorati, guardano oltre l'orizzonte che si staglia verso le “Matine”, cercando i contorni della “grotta verde” inneggiata in un solo respiro.
Ma questi uomini non sono soli: con magico contorno di aria tersa, il popolo respira e ansima le preoccupazioni quotidiane; i bambini gioiosamente rumoreggiano nei giochi; donnine e uomini anonimi si muovono sul profilo della piazza del “pensiero libero”.

Note

Francesco De Sarlo (San Chirico Raparo, 1854 – Firenze, 1937), fu titolare della cattedra di Filosofia teoretica presso l'Università di Firenze. Fondò la rivista “Cultura filosofica”, contribuendo alla diffusione in Italia, nei primi decenni del secolo, delle nuove dottrine psicologiche. Nel 1903 fondò un gabinetto di psicologia sperimentale: il primo nella storia della psicologia italiana. Sperimentalista, asserì l'indissociabilità delle psicologia dalla filosofia, perorando un sistema psicologico spiritualistico. Furono suoi allievi A. Aliotta, E. Bonaventura ed E. P. La manna.
Giuseppe Paladino (Matera, 1886 – Catania, 1937). Nato a Matera da famiglia sanchirichese, conseguì la libera docenza in Storia Moderna nel 1921. Tenne la cattedra di Storia Medioevale e Moderna all'Università di Catania dal 1924 alla data di morte. Della sua bibliografia corposa, rammentiamo l'opera principale “Il 15 maggio del 1848 in Napoli”, ritenuta ancora opera fondamentale e definitiva. Sua è la voce “Ferdinando II” sull'Enciclopedia Italiana Trecca

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